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                 allettante, promettente: l’esperienza dell’amore
                 nel campanile, “così semplice ed insieme così
                 grandioso”, sembra averne verificato la plausi-
                 bilità.

                    Ma c’è un “ma”: «Don Lupo, se lo conosco
                 bene, continuerà a fare il prete solo come un cane,
                 rinunciando alla sua felicità. Perché non ci
                 possono essere preti felici?». La formula del
                 giovane gay potrebbe essere tratta a sensi molte-
                 plici, plausibili e implausibili, armonici e discor-
                 danti: anche circa la possibilità e l’impossibilità di
                 coniugare sacerdozio e matrimonio. Forse per
                 questo capaci di tante allusioni: percepite, identi-
                 ficate, accolte: la loro indeterminatezza non per-
                 mette che segnino cammini lineari, determinati,
                 omologabili.

                    Il prof. Lanterna ha idee molto chiare e decise:
                 la “letteratura come vita” gli permette di for-
                 mulare ipotesi e teorie tanto radicali quanto lo
                 permette la sua letteratura: sulla quale, però, la
                 vita prevale; e quando i casi personali del “Lanter-
                 nino” ne attraggono l’attenzione e l’interesse,
                 ipotesi e teorie sembrano non sfumare, ma piut-
                 tosto fiorire, e non nella plausibilità di “una mano
                 misteriosa”, ma in una sorta di gentilezza, di
                 generosità, e di amore che il suo “rispetto” certo
                 conteneva, ma ripiegati e mortificati: come la sua

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