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liare esigenze che ora appaiono inconciliabili, per
la soluzione di problemi dei singoli, e di umano
arricchimento della storia e della Chiesa.
L’apprezzamento di questo atteggiamento è
misurato dalla differenza con quello della madre:
«...l'uomo nasce storto... chi ha provato a raddriz-
zarlo ha commesso tragici errori… ci sarà un
modo per farlo rispettando la sua dignità?... mar-
xisti e cristiani sconfitti...». Si noti bene: la
misura della differenza non è data a livello del
giudizio teorico, ma della decisione pratica: la
madre se ne va in città, con il suo avvocato; don
Lupo ribadisce la sua scelta d’esser prete.
Una speranza che l’esperienza drammatica
vissuta non ha certo liberato da ogni ingenuità: vi
brilla persino la dolce malia della ragazza del
piano bar. Una ragazza e un’esperienza reale, ove
ha riconosciuto ed esperito quello che gli è pre-
cluso, o una figura di fantasia, sulla quale ha
proiettato sogni e desideri? La domanda pare
addirittura cancellare parte della narrazione.
Eppure! Che cos’è mai quella totale disponi-
bilità a seguire la decisione di don Lupo? Che
cosa l’essere sempre pronta per lui: «Tu lo sai che
qualsiasi cosa deciderai sarò sempre con te, anche
se sarò lontana?». La presenza e l’assenza coin-
volte nella curiosa dialettica del “falso tramonto”:
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