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          sua denuncia: «Il mare cresce e presto arriverà
          fino alla chiesa! Il fenomeno interessa tutti i paesi
          della costa! Occorre allertare le autorità!». Si
          erano messi tutti ad applaudire e qualcuno ricordò
          ad alta voce una sua non segreta passione: «Il
          mare cresce e il vino cala perché te lo bevi tu e poi
          deliri». Sghignazzavano tutti, compreso il
          sindaco.

             Se n’andò prima della fine della cerimonia
          perché non sopportava tutta quella gente che lo
          sfotteva. Qualcuno tentò di fermarlo: «Tugnin non
          te la prendere per uno scherzo! Resta con noi, poi
          c’è il rinfresco. Il Comune comprerà il mar -
          camare e così scioglieremo ogni dubbio».

             «Mettetevelo in quel posto il marcamare! E
          spingete bene!», urlò Tugnin infilando l’uscita. Il
          marcamare era l’immaginario strumento per
          misurare il mare che era stato inventato nel bar
          Trocadero, frequentato da tanti bontemponi, per
          sfotterlo.

             Un giovane bagnino, tra il pubblico, aveva assi-
          stito alla scena ed era dispiaciuto per com’era
          stato trattato il suo amico Tugnin. Era uno stu-
          dente universitario che faceva il bagnino per non
          essere di peso alla famiglia e Tugnin gli aveva
          insegnato i primi rudimenti del mestiere. Quella
          storia del mare che cresceva era diventata, per il

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