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bilità, alla solidarietà, capace, nonostante le pre-
vedibili lotte e fatiche, di offrire senso e serenità
alla sua esistenza, e in grado di garantire anche
l’anima del paese.
Una serenità che non si promette luminosa al
futuro di don Lupo: il suo problema, e la sua
coscienza sono sottoposti ad una prova più ardua,
perché a lui è preclusa una soluzione analoga a
quella dello studente-bagnino; donde gli accade di
vivere sere nelle quali ha tutto chiaro e mattine in
cui i dubbi lo rodono.
Il riferimento istituzionale alla Chiesa, e l’ob-
bligo del celibato rappresentano il suo peso e il
suo cruccio. Soltanto peso e cruccio? Non di
certo, se «a volte, non si dava pace di aver fatto la
scelta di restare a fare il prete, a volte, quando
affrontava i vari problemi della sua comunità reli-
giosa, si sentiva il cuore in pace».
Non sarebbe bastata la liberazione dal celibato,
sentito come giogo, per una vita meno turbata e
più armonica nei confronti dell’uomo, della
Chiesa, di Dio? Impossibile, impensabile? Don
Lupo è roso dai dubbi ma non cessa di coltivare
una segreta speranza: che, nonostante tutto,
l'uomo avrebbe fatto tesoro dell'insegnamento
della storia e che la Chiesa sarebbe andata avanti;
e dall’intreccio si sarebbe persino giunti a conci-
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