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ATTI DI BATTESIMO
“Ego prepositus baptizavi puellam hodie natam ex Batholomeo
et Maria iugalibus Narisani cui fuit impositum nomen Maria
Catherina. Patrini fuerunt Joseph Simondinus q. Sebastiani et
Benedicta uxor Augustini Saccarelli”.
Questa è la formula usata dai sacerdoti che registravano i
battesimi. In italiano è: “Io Parroco ho battezzato oggi (in questo
caso la data posta sopra l'atto è quella dell'11 settembre 1724)
una bambina nata da Bartolomeo e Maria, coniugi Narisano, a
cui è stato imposto il nome Maria Caterina. Sono stati padrini
Giuseppe Simondino fu Sebastiano e Benedetta moglie di
Agostino Saccarello”.
Una delle grandi paure dei genitori, dovuta all'alta mortalità
infantile, era quella di veder morire i neonati prima del
battesimo. Per questo i padri, seguiti dai padrini, portavano i
bambini in chiesa il giorno stesso della nascita o, al massimo, il
giorno dopo. Anche da Tosse scendevano in paese, perché fino
al 1747 qui non vi era una chiesa parrocchiale; anche i manenti
dei marchesi Serra evitavano di andare a Noli con i neonati,
trovando Spotorno più facile da raggiungere (allora non vi era
una strada costiera).
Quando i bambini sembravano a rischio di morte venivano
battezzati dalla levatrice, ma, anche se questo sacramento era
perfettamente valido, il bambino veniva comunque portato in
chiesa e qui nuovamente battezzato (1). I sacerdoti ed i fedeli
non consideravano pericolosa questa abitudine, anzi la vedevano
come del tutto legittima, probabilmente anche nell'idea che il
ricevere il sacramento ed il nome proteggesse i bambini. I
sacerdoti, quasi certamente, credevano nel Limbo, ma questo
non impediva, per alleviare il dolore dei genitori, di battezzare
dei bambini morti alla nascita, anche se sul libro dei battesimi
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