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nell'atto, parlando in dialetto, con i presenti al battesimo,
prendeva nota e poi, per il registro ufficiale, traduceva le
indicazioni in latino (5). Alcuni mariti chiedevano che venisse
registrato, oltre al nome “ufficiale” della moglie anche come
veniva normalmente chiamata in dialetto. Don Bado li
accontenta senza difficoltà e registra che Maria Gamba è
conosciuta come Bianchetta, Amalia Richeri viene chiamata
Lotta e che Ninetta è l'appellativo sia per Giovanna che per
Caterina. Francesco Botta, al battesimo della figlia Anna, ci
tiene a far registrare che in paese è conosciuto come Chinzone.
A volte il nome con cui era conosciuto uno dei genitori non era
quello di battesimo, ma questo per il parroco era più difficile da
verificare. Francesco Magnone di Tosse porta la primogenita a
battezzare a nove mesi dal matrimonio, celebrato nel 1717, e
solo quando viene battezzato il nono figlio, nel 1728, dichiara
che in realtà “ex sacro fonte” il suo nome è Pietro Agostino (6).
E' più difficile rendere in latino il cognome: don Bado preferisce
la formula “de” seguita dalla desinenza che indica come quella
famiglia trae origine da un più ampio gruppo parentale, per
esempio “de Rubattis (Robatto), de Iudicibus (Giudice), de
Rubeis (Rosso)” (7).
Viene anche registrato se il padre è un notaio o un medico o se il
padrino è un sacerdote (8).Qualche nome, non molti, è
preceduto dalla D. (abbreviazione di “dominus”) che indica
nobiltà.
Nella scelta del nome per il neonato solitamente si seguiva lo
schema rimasto in uso anche nel secolo successivo: al primo
maschio va dato il nome del nonno paterno e al secondo quello
del nonno materno. Poiché il numero dei nomi in uso era
limitato, a volte il nome del suocero coincideva con quello del
padre del bambino, ma altre volte è proprio il nome del padre
che viene dato al figlio, visto che queste omonimie erano
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