Page 15 - ricordi di sbarbaro-3
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prozio,   medico  condotto   di  Spotorno  morto  tragicamente,   con  le
            suggestioni che mi avevano condizionato in famiglia, e anche il mio
            relativo disinteresse per la letteratura e gli studi classici, in parte certo
            simulato, perchè ormai consapevole che avevo a che fare con un
            grande (leggevo avidamente le sue cose che mi regalava), in parte
            anche autentico, figlio della mia leggerezza e superficialità.
            Ricordo che, proprio allora, mi ha chiesto, alla sprovvista, qual'era il
            mio   poeta   preferito;  il   programma  del   liceo   finiva   con  la   triade
            Carducci, Pascoli, D'Annunzio, e io risposi:
            “Carducci”, il poeta civile, il vate del Risorgimento...
            A Mondovì, sabauda, era d'obbligo studiare a memoria la sua poesia
            “Piemonte”.
            Lo delusi; “E Leopardi?” mi chiese timidamente.
            “Mi sembra un po' triste..” risposi; me ne vergogno ancora!
            Non fece una piega; mi disse che si, medicina andava bene..!
            Ormai ero cresciuto parlavo di più con tutti e due, e, ogni tanto,
            andando   da   lui,   trovavo   qualche   visitatore   insolito   che   la   Lina,
            sfogandosi, poi mi classificava: arrampicatore, curioso, ecc.
            Una volta, in estate, sono capitati in negozio (avevamo dai tempi
            della guerra un negozio di alimentari) da mia madre due signori
            distinti; avevano comprato dell'affettato, del vino ecc. e, dopo la
            spesa, avevano chiesto a mia madre se sapeva dove abitasse il poeta.
            Mia madre mi chiese di accompagnarli ed io li ho fatti passare dalla
            creûza dietro alla Annunziata, un po' più fresca; era mezzogiorno con
            il sole a picco.
            Presto mi interrogarono su di lui,la casa del fico, le passeggiate per
            licheni.
            Recitavano sue poesie a memoria; erano Curci e Vigorelli, mi parve
            che la Lina non li conoscesse, ma lui si.
            Di quei tempi, ricordo, mi ha regalato la sua traduzione dell'Antigone
            (alla maturità avevamo portato la Medea di Euripide e il Protagora di
            Platone e ne avevamo parlato).
            Leggendomi   l'inizio   dello   stasimo   che   inneggia   all'uomo,
            ricordandogli però anche che l'Ade, la morte, è un territorio che gli è
            inibito, per spiegarmi che il significato delle parole, in greco, dipende
            dal contesto, mi ha chiarito:”Vedi,”deinos” l'ho tradotto portentoso,
            ma vuol anche dire terribile, dino=sauro, ricordatelo; esercitare la
            logica.!”
            Cominciava a sentire il peso degli anni; la Lina mi diceva che usciva
            meno, che aveva qualche acciacco, si preoccupava.




















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