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Nel '60 approderò anch'io all'ospedale S. Paolo, come studente
frequentatore, proprio nella Divisione del prof. Scalfi, reclutato, come
“sherpa” dal dott.Mantero; avendomi, il prof. Scalfi chiesto se
conoscevo come spotornese il poeta, la mia risposta affermativa mi
fece salire un gradino nella sua considerazione; e l'essere stato
ammesso a frequentare la Divisione chirurgica anche quella del dott.
Torcello, che era il medico degli Sbarbaro e conosceva la selettività di
Scalfi e Mantero, aumentò.
Lui, poi, quando mi vedeva, mi scrutava, mi esaminava , controllava
che crescessi come mi volevano i miei, che lui stimava molto, senza
rinunciare alla sua ironia sull'onnipotenza della scienza, inabilitata a
risolvere l'infelicità umana, pur con tutta la sua tronfia vanità.
Una mattina sono arrivato a casa sua per caso, inaspettato:”Vieni,
vieni, ah,ah! Sto traducendo Molière, il malato immaginario!” e giù
con una filastrocca in latinorum tradotta e adattata da lui, mentre si
sganasciava dal ridere ed io capivo che più del malato rideva di quel
medico imbroglione che la recitava per impressionare il malato e
della stupidità umana, lì equamente rappresentata.
Oppure, in un'altra occasione, per verificare se studiavo con
attenzione:
“Che cos'è l'epulide? “Una malattia della gengiva”; “No, no, sopra la
gengiva, epì ulis, hai già dimenticato il greco?”
Intanto, però, ogni tanto facevo una scoperta, mi regalava un libretto
di Mal'aria e scoprivo un suo caro amico come Arrigo Bugiani
(fig.23-24)
fig.23 La raccolta dei li-
bretti di Mal'aria rappre-
senta un gioiello della let-
teratua italiana del 900,
della sua poesia. Di Sbar-
baro ve ne sono cinque o
sei.
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