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tagio. Totò faceva finta di disinfettare il negozio spruzzando un misterioso
liquido da una bottiglia con pompetta.

       Entrò il cameriere del bar di fronte per portare dei caffè. “Orec-
chioni? Sono contagiosi perché non se ne va a letto?”, fece rivolgendosi
al Duca.

       “Sì, sì, se ne vada a letto! Io gli orecchioni mica li ho avuti…”, un
cliente di Totò prese la palla al balzo per liberarsi di quella contagiosa pre-
senza.

       “Eh, ci ho pensato ma ho paura di contagiare Duchessina, lei gli
orecchioni non li ha avuti…”.

       “E allora vuole contagiare noi? Tanto prima o poi a casa ci dovrà
pur andare… quando Totò chiuderà…”, il cliente insisteva.

       “Aspetto un amico che venga a prendere Duchessina con l’appo-
sita cestina…”. Il Duca si fingeva partecipe del problema.

       “La cestina? Ma quanti anni ha Duchessina?”, il cameriere era cu-
rioso.

       “Avrà due o tre anni…”.
       “E la lascia sola in casa? E così grande sta in una cestina?”, il ca-
meriere era costernato.
       “Certo, è una gattina intelligente e non occupa molto spazio”, il
Duca sembrava convinto di quello che diceva.
       “Una gattina? Ma scherziamo! I gatti non prendono gli orec-
chioni”, il cliente cominciava ad agitarsi.
       “Come no! Lei non conosce la terribile parotis felis? Pericolosissima!
Fa strage di gatti!”, il Duca era nel suo terreno.
       “E allora gli orecchioni li dobbiamo prendere noi? Noi ce ne
stiamo in un esercizio pubblico e lei ci infetta? Bisognerebbe chiamare
le guardie! Bòia fàuss!”, il cliente non voleva sentire ragione. Era uno di
quei vecchietti tignosi che volevano dire sempre l’ultima parola.
       “Se la mette così vuol dire che aspetterò in strada”, il Duca si era
messo il cappotto ed era uscito.
       “Fuori fa freddo quello si prende un accidente”, il cameriere era
preoccupato.

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