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Il Duca la prese per mano e cominciò a farla ballare cantando:
“Una rotonda sul mare, un giradischi che suona, vedo gli amici ballare…
ma come faccio a resistere a questa matòta!”. La ragazza cominciò a ri-
dere seguita da Gianna. Totò spuntò dalla porta della camera con i fiori:
“Zuccherino… un pensierino…”.

       Che momento meraviglioso! Zuccherino era felice. Era contenta
di avere degli amici così.

       Archiloco si era seduto accanto a lei. Il Duca, sempre con la ma-
schera antigas, Gianna e Totò stavano in piedi vicino alla porta.

       “Zuccherino… Zuccherino… cosa gli fai a questo mio povero
amico. Lo ricatti con le malattie. Adesso che ce ne andremo a Genova,
terra di pommes de terre, lui penserà al suo amorino nel lettino con la bua
nell’orecchino”, il Duca intratteneva gli amici.

       “Lui non ha bisogno di ricatti, non è mica come te”, Zuccherino
stava al gioco.

       “Lo so, lo so. Ti ricordi quell’estate al mare quando ti vegliava per-
ché avevi messo un piede su un riccio? Avevamo per le mani due adora-
bili ragazze di Norimberga che però non parlavano né inglese né fran-
cese. Noi non parlavamo il tedesco e allora cosa ha escogitato il genio che
avete davanti?”, il Duca era lanciato.

       “Cosa ha escogitato il genio?”, Gianna era curiosa.
       “Niente meno che parlare in latino. Le ragazze studiavano in un
istituto di religiose…”, il Duca era sul suo terreno.
       “Latino? Sapevi dire solo pedibus calcantibus, carpe diem, mea
culpa, amen, ora pro nobis… uterum dare nobis… humanum amare est”,
Archiloco puntualizzava.
       “Taci traditore! Invece di darmi una mano col latino correvi a baciare
il piedino di Zuccherino. Ti ci vedo a consolarla, a recitarle poesie amorose e
lei a farti moine: pi, pi, pi, pu, pu, pu”, il Duca era inarrestabile.
       “Cosa sento? Uterum dare nobis? E quelle che dicevano?”, Gianna
rideva.
       “Quella di Archiloco non lo so perché lui la trascurava ma la mia
ripeteva con passione: Deo gratias! Etiam! Etiam! Non remittis!”.

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