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CAPITOLO VENTESIMO

       Cosa ci faceva Archiloco a Genova, in una Piazza De Fer-
rari spazzata dalla tramontana, in quella assolata mattinata di
fine settembre? Era lì perché aveva un appuntamento con il Duca.
Si era infilato in una manifestazione contro il Governo, capitata-
gli fra capo e collo, senza neppure conoscere bene le ragioni della
protesta. Valeva per tutte le volte che aveva osservato da lontano,
quasi con distacco, i tentativi della sinistra, così messa male, volti
a contrastare con poco successo la deriva di destra. Forse un po’
di colpa l’avevano proprio quelli come lui che criticavano dall’alto
della loro comoda vita che quella deriva non intaccava minima-
mente, anzi. Ad andarci di mezzo erano, come sempre, i poveretti.

       Archiloco di fronte agli attacchi alla Costituzione, ai tanti pro-
clami contro gli immigrati, allo sfruttamento del lavoro giovanile ed
alla tanta ingiustizia, sentiva schifo e si sentiva in colpa. Le cose erano
andate sempre peggio e lui, per quasi tutta la vita, lo aveva prono-
sticato con ampio, distaccato, anticipo. Aveva votato sempre a sini-
stra e sottoscritto, nel tempo, vari appelli ma quel giorno sentiva tutto
il peso di una vita spesa più a guardare il suo piccolo ma buon quieto
vivere che tutto il resto. Non aveva realizzato nulla, o quasi, delle sue
speranze. Ma quali erano state le sue speranze? Sole, ormai quasi priva
di parole, se ne stava a Madrid, Zuccherino era così distante e con
lei la voce della coscienza, che ogni tanti si riaffacciava portando rim-
pianti e rimorsi. Mariuccia era prigioniera in un DVD. Dell’impe-
gno culturale, sociale e politico poi, meglio non parlarne. A volte, il
Duca aveva degli slanci sociali più marcati dei suoi anche se mesco-
lati al casino che faceva. In gioventù, era persino andato a Firenze,
dopo l’alluvione, per aiutare a salvare i libri delle biblioteche allagate.
Archiloco che, vincendo la sua avversione per le scomodità, alla fine
aveva deciso di seguirlo, era rimasto a Torino perché in quei giorni
aveva l’influenza. In fondo, la febbre l’aveva giustificato agli occhi di

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