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Alle ore 8 circa il S. Ten. BOLDONI comandante della 66a sezione motorizzata
Carabinieri rimase leggermente ferito da scheggia di mortaio all’alluce destro che,
successivamente si congelò.
Comandante di Sezione Carabinieri motorizzata, addetta ad una Divisione di
Fanteria in numerose circostanze dava prova costante di serenità d’animo, di
coraggio e sprezzo del pericolo. Essendo la sua divisione accerchiata da
preponderante nemico, riusciva a portare a compimento sotto intenso fuoco nemico,
compiti di collegamento e delicata azione di retroguardia. Per rompere la linea
nemica. Alle ore 10,30 circa, la 66a sezione motorizzata, con i carabinieri superstiti
unitamente ai fanti, artiglieri, bersaglieri iniziarono l’assalto in collaborazione coi
propri Carabinieri contro un caposaldo nemico che conquistava dopo aspra lotta
catturando numerose armi e prigionieri. Benché ferito da scheggia e duramente
provato da congelamento al piede, con temperatura proibitiva, tra continui
bombardamenti aerei e terrestri percorreva centinaia di Km. a piedi guidando i
Carabinieri superstiti tre dei quali gravemente feriti venivano portati in salvo nelle
nostre linee su di una slitta da lui stesso trainata.
Il S. Ten. BOLDONI, comandante della 66a sezione motorizzata Carabinieri, nella
sua relazione, rilasciata in data 5 marzo 1954, narra:
“Fu in quel momento che a circa 20 metri sulla mia destra apparve il famoso
cavaliere che guidava un cavallo da tiro senza sella. Aveva sul pastrano gli alamari
da carabiniere.
Aveva nelle mani una bandiera priva di asta. Non guidava il cavallo con le redini ma
con le gambe a pelo. La bandiera era una di quelle che l’Ufficio propaganda della
Divisione aveva in dotazione.”
L’atto epico del carabiniere fece sì che l’accerchiamento venisse rotto per un buon
tratto dando agio ai reparti di continuare il ripiegamento, seppure sotto i continui
assalti di carri armati e fanteria nemici.
Durante il fatto d’arme descritto, i militari della 66a sezione motorizzata carabinieri
dettero prova di valore e di sacrificio spinti oltre ogni limite. Altri 13 scomparvero nella
battaglia e 10 rimasero feriti: di essi molti rifiutarono ogni soccorso.
Nonostante la nevicata e la temperatura scesa a 38° sotto zero, la sanguinante
massa di uomini raggiunse Jiderowski e Gusev, girando poi sul Pontovw e
Ghodonow. Dopo aver marciato tutto il 24 dicembre e la notte di Natale, venne
raggiunta la ferrovia di Scheptukowa alle ore 7 del 25 dicembre. Di qui i reparti
proseguirono verso nord, combattendo disperatamente contro il nemico
rappresentato da truppe terrestri, aeree, partigiani ed il freddo intensissimo. In
questa tragica marcia molti militari della 66a rimasero indietro e molti compirono il
fatale errore di fermarsi un istante per riposarsi, rimanendo così assiderati in mezzo
alla steppa come statue di ghiaccio.
Da oltre quattro giorni i carabinieri non mangiavano; sembrava che si stesse per
concludere la loro esistenza. Fortunatamente alle ore 22 dello stesso giorno giunsero
a Cercowo, da dove, però, non poterono proseguire perché la via su Belowodsl era
sbarrata dal nemico.
Qui il capitano FAZZI ed il S. Tenente BOLDONI riunirono i carabinieri superstiti della
66a e ne risultarono: 13 della 56a sezione e 12 della 66a sezione. Il vice Brigadiere
Spiga Salvatore era tra i 12 della 66a
Nei fatti d’arme sopra descritti svoltosi fra il 21 dicembre 1942 ed il 16 gennaio 1943
il reparto lamentò le seguenti altre gravissime perdite: due morti e 42 dispersi