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L' Île de France era comandata dal capitano Raoul, barone de Beaudéan, che ricevuto l'SOS dall'Andrea
       Doria alle 23:30 del 25 luglio (ora locale), e dopo aver avuto conferma dell'assoluta necessità di assistenza
       della nave italiana   per   l'evacuazione   dei   suoi   1500   passeggeri   e   membri   dell'equipaggio,   a   circa
       45 miglia nautiche   dal   luogo   del   disastro   fece   invertire   la   rotta   che   l'avrebbe   condotta   a Le   Havre per
       raggiungere l'Andrea Doria alla massima velocità possibile. De Beaudéan non allarmò i passeggeri della
       propria nave, che in larga parte continuarono a dormire per tutta la notte, e fece subito predisporre le misure
       necessarie ad attuare l'operazione di soccorso: preparazione delle lance, scelta degli equipaggi delle stesse,
       allestimento dell'ospedale della nave, per poter accogliere il maggior numero possibile di feriti, raccolta di
       coperte, preparazione di cibo e caffè caldo, non lasciando nulla al caso.
                                                       L' Île   de   France continuò   a   procedere   attraverso   la
                                                       fitta nebbia (causa   della   collisione   tra Andrea   Doria  e
                                                       Stockholm) alla massima velocità e attorno alle 2 del mattino
                                                       del 26 luglio (ora locale) raggiunse l'Andrea Doria. L'arrivo
                                                       del grande transatlantico francese fu lo spartiacque emotivo
                                                       di quella tragica notte: alla vista della nave, illuminata a
                                                       giorno per ordine del capitano de Beaudéan, i passeggeri e
                                                       l'equipaggio   dell'Andrea   Doria tirarono   un   sospiro   di
                                                       sollievo: da quel momento capirono che quella notte non
                                                       sarebbero   morti   e   il   panico   si   placò,   permettendo
                                                       un'evacuazione   della   nave   decisamente   più   tranquilla   ed
                                                       efficace di quanto fosse stata fino ad allora.

                                                       Con un'eccezionale manovra de Beaudéan accosto l' Île de
                                                       France a   soli   370 metri dall'Andrea   Doria,   mettendo   la
                                                       propria nave sottovento al lato di dritta della nave italiana,
                                                       quello che si stava inabissando e da cui venivano evacuati i
                                                       naufraghi,   creando   inoltre   uno   specchio   d'acqua   liscio   e
                                                       calmo   tra   le   due   navi,   perfetto   per   le   operazioni   di
                                                       salvataggio. L' Île de France fu la terza nave a giungere sul
                                                       luogo della sciagura, ma grazie alla perizia del suo capitano e
                                                       al numero delle sue lance di salvataggio fu quella che riuscì
                                                       ad accogliere più passeggeri dell'Andrea Doria: ben 753.
       La nave francese ripartì alla volta di New York attorno alle 6 del mattino (ora locale), quando fu chiaro che
       l'evacuazione dei passeggeri della nave italiana si era conclusa. Per accomiatarsi de Beaudéan fece issare ed
       ammainare per tre volte il tricolore di Francia mentre il transatlantico percorreva un'ampia curva attorno alla
       sventurata nave italiana, per poi emettere tre fischi prolungati con la sirena a vapore. Era il suo saluto d'addio a
       una delle più giovani e più belle dame dell'élite delle navi passeggeri di lusso, che dopo quella notte conobbero
       un rapido declino a favore del trasporto aereo.
       L'intervento   tempestivo   dei   soccorsi   fu   una   delle
       chiavi per il successo delle operazioni di salvataggio,
       che passarono alla storia per aver portato al sicuro la
       quasi totalità dei passeggeri: delle 1.706 persone a
       bordo dell'Andrea Doria, quarantasei persero la vita
       durante   lo  scontro  (oltre  alle  cinque  vittime  dello
       Stockholm) e solo due durante il naufragio. Infatti,
       l'eccessiva inclinazione dell'Andrea Doria aveva reso
       inutilizzabili le scialuppe e gli evacuati furono calati
       con   delle   corde   per   essere   recuperati   dalle   lance
       inviate dalle altre navi, compresa la Stockholm.
       Bisogna comunque ammettere che le eccezionali qualità
       costruttive dell'Andrea Doria permisero che rimanesse a galla per ben undici ore, concedendo un tempo
       sufficiente ai soccorsi. Inoltre, si rivelarono decisivi l'eroismo dell'equipaggio italiano e l'esperienza del
       comandante Calamai, che seppe assumersi decisioni di grande responsabilità in tempi rapidissimi e febbrili.
       All'alba, tutti erano stati allontanati dall'Andrea Doria. Il comandante Calamai tentò invano di convincere il
       comandante   del guardacoste W394 Hornbeam della United   States   Coast   Guard.  Al  diniego   dello   stesso   si
       aggiunse un telex della Società Italia che ordinava di attendere l'arrivo dei rimorchiatori da loro inviati da New
       York, previsto nel pomeriggio. A quel punto fu chiaro che anche l'ultima speranza di salvare l'ammiraglia
       italiana era sfumata.
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