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“Un caffè, grazie. Allora secondo il suo amico sono innamo-
rata?”. Si vedeva che la ragazza si divertiva”.
“Con certezza cara Mariù. Lui non sbaglia mai. Ora dobbiamo
scoprire di chi…”, anche il Duca si divertiva.
“Io gradirei un gelato e sapere se sono tra i papabili”, il ragazzo era
di spirito.
“Che cosa aspettavi a chiedermelo? Ci voleva questo consulto?”,
la ragazza rideva contenta.
“Non è che finora mi hai molto incoraggiato. Temevo di fare un passo
falso…”. Il ragazzo si stava evidentemente liberando da un peso.
“Passo falso? Non dovevi mica chiedermi la mano! Occasioni te ne
ho date. Se non ci capitava questo provvidenziale incontro con questi
simpatici signori continuavamo a fare gli amici?”, la ragazza incalzava.
“Quali occasioni? Ma se mi parli sempre del tuo ex!”.
“Te ne parlo per farti capire che cosa non mi piace in un ragazzo
e tu, per fortuna, non assomigli al mio ex né nel fisico né nel carattere”.
Il Duca, alzatosi in piedi, intervenne con la sua nota saggezza: “Ra-
gazzi a questo punto noi non serviamo più. Né servono più le parole. Do-
vete recuperate il tempo perduto. Bandite le biblioteche e le partite di pal-
lone e cercatevi un’alcova, un giaciglio, un pagliericcio, una cuccia.
Voluptas! Voluptas!”.
Archiloco, dopo aver ordinato una bottiglia di spumante propose
un brindisi: “Ai due genoani innamorati a scoppio ritardato”. Dopo il
brindisi, i due ragazzi se n’andarono tra abbracci e raccomandazioni del
Duca: “Mi raccomando! La pillola!”, poi si rivolse all’amico: “Ma per-
ché non mi hai mai spiegato come si fa a riconoscere lo sguardo di una
ragazza innamorata?”.
Archiloco, tempo dopo, si ritrovò nuovamente in Piazza De Fer-
rari in mezzo a studenti che manifestavano. Chissà di quei due ragazzi
cosa ne era stato.
Il Duca era ricoverato in una clinica.
Era solo in quella piazza in mezzo a tanti giovani incazzati che urlavano
slogan contro il Governo. Aveva in testa le domande senza risposta del Duca.
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