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“No, in un negozio di moda in via Venti Settembre”.
A quel punto, entrò il Duca: “Amigo loco, todo bien?”.
“Mi difendo…”.
“Qua fuori i tuoi colleghi stanno facendo l’inferno. Prima ancora
di aver sentito i medici hanno telefonato a destra e a manca dicendo che
eri gravissimo. Non so cosa uscirà domani sui giornali”.
“Non sono gravissimo?”, Archiloco sorrideva.
“Non abbiamo ancora sciolto la prognosi per la schiena ma la si-
tuazione non è così grave… adesso però è meglio che si faccia un sonno.
Le daremo un calmante”, gli aveva risposto il medico.
“Meno male…”, Archiloco faceva fatica a parlare a causa delle co-
stole incrinate.
“È meglio che adesso ti riposi… dai retta al dottore”, il padre di
Archiloco aveva rotto il silenzio. Sembrava un pulcino nella stoppa, ispi-
rava tenerezza. Così indifeso, quando non si trovava nel suo reparto in
cantiere. La madre di Archiloco continuava a piangere contagiando la ra-
gazza.
“Domani qui arriverà tutto il mondo: Zuccherino, Gianna, Totò
e signora, Zia Pallina e spasimante, il tuo direttore, colleghi e umanità
varia. Riposati e preparati a tanto impegno”, fece il Duca entrando
nella stanza.
“Verrà Zuccherino?”, Archiloco non aveva resistito alla domanda.
“Sì, Gianna porterà in auto lei, Totò e signora. Le ho telefonato
io. Ho fatto bene? Se no, domani sui giornali chissà cosa avrebbero
letto…”.
“Sei grande Duca… vedi con il dottore se è possibile farli entrare
prima dell’orario di visita e cerca di dare una mano alla ragazza dell’in-
cidente…”.
“Agli ordini e a domani”, il Duca si offrì di accompagnare a casa
i genitori di Archiloco, la ragazza e la madre.
“Attento Duca che è una fanciulla di Balthus…”, fece Archiloco.
“Credevo che la botta in testa ti avesse fatto rinsavire… invece… dove
gioca Balthus nell’Inter?”, il Duca gli diede un buffetto sulla guancia.
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