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conseguenze spesso erano disastrose: il Rino, una volta, si trovò
          seduto in un salone del Museo di S. Agostino ed arrivò ad ordina-
          re un minestrone  ad un custode che lo osservava stupito; un’altra
          volta si ritrovò a cercare di pagare il conto del pranzo, con un
          buono pasto dell’Ente Grigio, ad un cameriere del ristorante
          “Settimo cielo” di via XX Settembre. In quel ristorante, dove i
          buoni pasto erano considerati una provocazione, chi non aveva la
          carta di credito veniva trattato alla stregua di un barbone e per il
          Rino si stava mettendo male. Caso volle che fosse presente il
          Presidente del Consiglio Massimo dell’Ente Grigio che, vistolo in
          difficoltà, pagò il conto con fare grandioso.
            Il Rino, non potendo subire una così grande umiliazione, si sca-
          tenò:  “Non  posso  accettare  la  vile  mercede  da  un  tiranno!”  e
          s c h i a ff eggiò  il  Presidente  che  proruppe  in  un  anatema:
          “Sottoposto dannato tu sfidi il fato! Alla commissione di discipli-
          na sarai deferito!”.
            Dalla porta della cucina aveva, intanto, fatto capolino un omino,
          piccolo, piccolo, che era stato attirato dalle urla. Era un lavapiatti
          di origine albanese che nutriva la segreta speranza di potersene un
          giorno andar via da quella cucina, dove tutti lo maltrattavano. In
          Rino vide l’uomo del suo destino: “Stò signor Fato è un gran
          cagon”, urlò, sputando in un occhio al Presidente che pensava chia-
          marsi Fato.
            “Aita! Aita!” parea dicesse il malcapitato pulendosi l’occhio ed
          additando ai camerieri in livrea i due reprobi, che vennero agguan-
          tati e sbattuti a terra. Con gli occhi al suolo udirono la loro condan-
          na: assistere per un mese di fila a tutte le sedute del Consiglio
          Massimo dell’Ente Grigio. Il lavapiatti che, nella sua ingenuità,
          non sapeva valutare la crudeltà della pena rideva. Il Rino, invece,
          tentò più volte il suicidio cercando di ingurgitare un intero tegame
          di insalata marinara di color senape che faceva bella mostra da un
          banco frigo insieme ad un’orata che guardava i due malcapitati con
          uno sguardo dolcissimo.
            Si ritrovarono in strada. Dopo le presentazioni si diressero verso


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