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I KOLKOS
In Ucraina vigeva il sistema del kolkos, e c'era una certa "libertà", - certo non
paragonabile con la nostra. Il kolkos era una piccola comunità comandata da
ur-r commissario politico, poi da un capo economista, tutta la comunità è obbli-
gata a lavorare per il kolkosiano, tutte le macchine, i cavalli, gli attrezzi sono
della Comunità, nessuno è padrone di niente, esistono in ogni caso poche mac-
chine in uso.
La comunità è suddivisa in brigate, il capo assegna il lavoro da fare ad ogni
brigata, il campo da seminare, il raccolto e così via tutto va alla comunità, è
stabilito in base ad ogni nucleo famigliare la quantità di grano, di barbabieto-
le, di patate che spetta ad ogni nucleo tutto il resto va allo Stato. La libertà del
kolkos consiste nella possibilità di tenere per ogni famiglia una mucca oppu-
re un maiale e qualche gallina oltre a 100 mq. di terra da coltivare. Ai tempi
di Krusciof si voleva ampliare a 200 mq. perché rendeva più quel pezzetto che
tutto il resto.
Le casette dei villaggi dette isbe sono fatte di mattoni e terra impastata, con
piccole finestre doppie, con quattro piccoli vetri, con tetto di segala spesso,
sono in sostanza delle piccole capanne, di una stanza, stanno tutti lì dentro.
Gli ucraini, nonostante le persecuzioni di Stalin, tenevano una piccola icona
sacra nascosta in un buco delle loro casupole ed in questo modo coltivavano
in segreto la loro religione.
Noi soldati italiani entravamo in queste piccole case perché fuori era impossi-
bile stare, dato il freddo polare, la gente era contenta di ospitarci, davano a noi
quello che avevano, dormivamo su delle coperte vicino al fuoco insieme a
loro, se avessero voluto farci del male potevano farlo, c'erano anche dei bam-
bini, noi andavamo due o tre volte a prendere il rancio e gliene facevano parte,
lo stesso facevano essi offrendoci Ia loro ntppa di cavoli o zucche.
Erano contenti di ospitarci, i soldati dell'esercito sovietico in ritirata distrug-
gevano tutto, bruciavano tutto quello che trovavano perché gli "invasori" cioè
noi, non trovassimo più niente, anche se ciò era a danno anche della popola-
zione del posto che già viveva in miseria; eppure la gente russa non ha mai
avuto un atto ostile nei nostri confronti.
La maggior parte delle persone da noi incontrate erano anziani, in particolare
le vecchie non avevano ancora perso l'idea di una libertà avuta un tempo, i
contadini russi sono stati i più accaniti oppositori al regime bolscevico comu-
nista perché erano piccoli proprietari attaccati alla loro terra, e quindi ci guar-
davano con affetto materno e quasi con invidia e ammirazione poiché rappre-
sentavamo in un certo senso quello che esse avevano perduto.
Dai libri della rivoluzione che ho potuto leggere durante la prigionia si pensa
che da 10 a 15 milioni di contadini siano stati deportati in Siberia e spariti per-
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