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Poi giro lo sguardo  e vedo Cavicchio diYarazze che cade ateffa  ai miei piedi,
     si teneva  la faccia con tutte e due le mani, lo tocco e mi dice - "cosa  c'è, cosa
     mi è successo?"  - si toglie le mani dalla faccia  e una maschera  di sangue mi si
     presenta,  la faccia non esisteva più per metà,  una pallottola esplosiva gli aveva
     portato via l'occhio sinistro e conseguentemente  parte del viso, si è messo da
     un lato per non intralciare noi che continuavamo  a sparare, a sparare...  I'arma
     era comandata  da uno di noi che era di guardia, un certo Tibaldi Natale di
     Cortemilia,  che era nato il giorno di Natale,  e quel giorno di Natale  del 41 è
     morto.
     Avevamo  quattro mitraglie,  un'altra  era comandata da Frencia  di Saluzzo,  si
     riparava  dietro l'arma stessa  guardando indietro e sparando  davanti,  come ha
     posato  l'arma per terra un colpo secco lo ha preso allo stomaco  ed è rimasto lì.
     Siamo rimasti io e il Cap. Mengoli della2" compagnia,  che è stato colpito  da
     una pallottola  al collo, ma non era esplosiva,  si è sentito male e si reggeva a
     stento in piedi, altri lo hanno tenuto  perché non cadesse e lo hanno steso per
     terra, sento  ancora  le sue parole "coraggio  ragazzi,  viva l'Italia".
     Dopo un po' si è ripreso ed è stato  preso  prigioniero  con me.
     Ad un tratto sentiamo  una scarica di mortai  da 81, un'arma  terribile perché
     esplode e fa tante  schegge.
     Le pallottole picchiano sulle tegole del tetto, si sente come una grandinata  di
     proiettili da tutte le parti,  una di queste mi ha colpito alla gamba  destra sul pol-
     paccio.
     A fianco a me c'era Raffaele Ardia di Savona,  si è trovato  paura, si è buttato
     in un angolo,  vicino a me venne Ellena, di Chiusapesio  che era il mio "porta
     cassetta"  di accessori  e munizioni,  siamo rimasti solo noi due attaccati all'ar-
     ma che non sparava quasi più.
     Davanti non vedevo niente, ma dietro un numero  enorme di russi,  ad un trat-
     to sento due colpi, Ellena è stato colpito nella pancia, io di striscio sul petto,
     sono scaraventato  per terra, mi rialzo come  posso e cerco di capire cosa si può
     fare.
     I russi hanno buttato delle bombe a mano dentro alla baracca, una è esplosa
     vicino a noi, Boella di Castagneto  d'Alba ha fano in tempo a scansarsi...  sen-
     tiamo gridare " Urrà... Urrà..."entrano in sei o sette soldati  russi, il capo alza
     un braccio, sembravano  belve inferocite.
     Sono abbastanza  tranquillo,  "ormai siamo prigionieri" penso,  mi alzo afatica,
     consegno la mitraglia  e le armi, essi parlottavano  tra loro.
     "Ellena, vieni, andiamo" dico al mio compagno  che era stato ferito alla pan-
     cia, pensavo  in modo lieve, egli stava raggomitolato per terra, allora cerco di
     aiutarlo ad alzarsi, un russo mi sospinge via tanto forte che cado per terra,
     imbraccia il fucile  a ripetizione  e spara due o tra colpi al povero Ellena per
     terra a distanza ravvicinata.

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