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FRUTTI CHE NON CONOSCIAMO PIU'
                                                      Nella   macchia   mediterranea   che
                                                      caratterizza   i   nostri   boschi   e   che   ha
                                                      soppiantato ulivi, viti e frutteti d'un tempo,
                                                      riemergono   a   tratti  alberi   antichi  che
                                                      offrono ancora i loro umili frutti, un tempo
                                                      preziosi.
                                                      Fra questi il nespolo d'inverno, dalla polpa
                                                      soffice e dolciastra, esso veniva raccolto
                                                      prima dell'inverno e fatto maturare nella
                                                      paglia insieme alle mele,   nei sottotetti o
                                                      nei fienili arieggiati.
            Si deve a questo frutto il proverbio: “col tempo e con la paglia maturano le nespole”, a
            rappresentare la pazienza e la saggezza contadina di saper aspettare il compiersi dei
            cicli naturali.
            Ed ecco un albero altissimo stagliarsi contro il
            cielo: il sorbo, dai frutti piccoli e dolci che legano
            la bocca se non sono ben maturi e si trovano
            ancora ai margini degli uliveti.
            E come non ricordare la pianta delle giuggiole: un
            frutto antico, proveniente dall'Asia, molto bello
            come pianta ornamentale oltre che per i frutti color
            scarlatto, racchiusi in una sottile buccia, che, solo
            dopo che si sciolta in bocca, fa scoprire un gusto
            indefinito tra la mela, il susino e il dattero.
            Non si possono dimenticare le  susine,  le  mele
            cotogne, le  more di gelso  e le  carrube, molto
            nutrienti per gli animali da stalla, che - durante il

                                                        periodo   di   guerra   -   venivano   anche
                                                        tostate per fare il caffè.

                                                        Diverse qualità di frutti erano essiccate
                                                        per   essere   poi   utilizzate   durante   il
                                                        periodo invernale. Molto utilizzate e le
                                                        più   comuni   erano   le  “scapulle”,  fette
                                                        essiccate delle  “mele carle”  usate  per
                                                        decotti e tisane curative.
                                                        Di   grande   importanza   erano   i  fichi,
            bianchi o neri, un nutrimento prezioso per l'alta concentrazione di zuccheri e proteine;
            questi, debitamente essiccati sulle terrazze o nei sottotetti arieggiati, costituivano una
            preziosa merce di scambio con il basso Piemonte, dove erano trasportati a dorso di
            mulo insieme alle acciughe salate, per essere barattati con farina, polenta e cereali.

            Foto: le nespole d'inverno, l'albero di sorbe e le giuggiole
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