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I recipienti per la vendemmia erano preziosi e
conservati con cura nelle cantine, per questo
talvolta venivano incise su un lato le iniziali
del proprietario con un ferro rovente, per
essere sicuri di non perderli durante il trasporto
dell'uva alla cantina, come nel caso di Noceto
Felice (foto accanto).
Nella raccolta dell'uva era necessario utilizzare
anche le scale per raccogliere i grappoli
avvinghiati a filari altissimi, dato che in
passato le viti non venivano potate come
prevedono le moderne tecniche di coltivazione.
La vendemmia era anche un piacevole incontro conviviale, una festa cui
partecipavano le famiglie riunite, allargate per l'occasione anche ad amici e
conoscenti che, reciprocamente, si aiutavano per un lavoro di grande fatica che
richiedeva uno sforzo per tutti e poteva durare anche diversi giorni.
Per l'occasione il piatto d'obbligo era la buridda di stoccafisso con le patate, un piatto
tradizionale, della cucina casalinga e molto comune.
La famiglia Siccardi forniva ad ogni Colono per il giorno della vendemmia: la
focaccia per la colazione, lo stoccafisso e una bottiglia di olio; usanza che fu
mantenuta anche dall'Opera Pia Siccardi quando subentrò nella gestione dei fondi,
come documentato dalle note di spesa del Fattore.
Risulta infatti che il contributo dato dall'Ente a Calcagno Antonio (Tino) nel 1955
per vendemmia e svinatura fu di: kg 5 di stoccafisso, kg 3,5 di pane, kg 2,3 di
focaccia più il vino necessario, per un totale £ 3.500.
Nel 1957 a Menarello fu dato un contributo per la vendemmia di £ 2.500, in pane,
focaccia, stoccafisso e vino, solo per citarne qualcuno a titolo esemplificativo.
Foto sotto: il caratteristico “gôcio” di Noceto Felice e particolare delle sue iniziali.
Foto : 1934 Maria Calcagno, Giobatta Calcagno, Maddalena Gaggero in Calcagno, Caterina Rosa in Calcagno, Rosa
Paola in Ferrando, Antonio Calcagno detto Tino, Lazzaro Calcagno, Antonio Calcagno detto Tugnin.
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