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Negli anni seguenti la produzione di vino migliorò notevolmente sia in quantità sia in
       qualità, ad esempio risulta dagli atti che nell'anno 1958 il conferimento alla cantina fu
       di litri 15.880, di cui la metà spettante ai coloni, e lt. 827 furono consegnati al
       Ricovero per il consumo.
       Il prezzo variava tra £. 80 e £. 95 al litro, ed era soggetto alla  tassazione (IGE) di £. 5
       al litro, da cui era esonerata la quota parte direttamente consegnata al Ricovero.

                                             Fino agli anni '70 la produzione di vino fu
                                             notevole,   come   si   rileva   dal   riepilogo   a
                                             margine dell'anno 1968 che annota:
                                             Valle lt   2.400, Noceto lt 2.400, Menarello lt
                                             1.800, Delfino lt 1.600, Calcagno lt 2.700, Beiso
                                             lt 436, Toso lt 1.600, Cerisola lt 800.

                                             La coltivazione della vigna era per lo più a
                                             livello   famigliare   e   frazionata   in   piccoli
                                             appezzamenti:   “la   scelta   delle   barbatelle,
                                             ossia dei   tipi di vitigni da impiantare, era
                                             facoltà   del   mezzadro,   perché   ritenuto   più
                                             esperto per la messa a dimora in base alla
                                             conformazione del terreno e all'esposizione
                                             al sole delle fasce”.
                                             Le più comuni qualità di vitigni a Spotorno
                                             erano   per   le   uve   bianche:   il  buzzetto
       (chiamata volgarmente uva matta), il bosco, il boschetto, il madera, il malvasia, il
       rollo, il trebbiano, il vermentino, per le uve nere:  il madera e il sangiovese”*.


       Il vino che si produceva era frutto di uve diverse, che venivano vinificate tutte
       insieme perché di quantità esigua, denominato: “IL NOSTRALINO”, un vino molto
       comune e ancora oggi prodotto per l'uso quotidiano, così definito da un esperto di vini
       quale G. Beniscelli:

       “...Dal   connubio   delle   uve   bianche   e   nere,   che
       possono essere considerate residue di coltivazioni
       antiche, vengono fuori il nostralino... sarà un vino
       rosato, un poco selvatico, non molto alcolico, senza
       pretese di invecchiamento, ma porterà sulla mensa
       le   varie   essenze   della   campagna   ed   un
       incomparabile   sapore   domestico   ...   un   vinetto
       pulito, con profumi di terra e di sasso, che è costato
       la   stessa   fatica   e   lo   stesso   impegno   degli   altri,
       insuperbiti da vistose etichette...” 6)

       * consulenza di Felice Andrea Rossi
       Foto: registrazione della produzione di vino degli anni '60 dei
       Coloni dell'Opera Pia

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