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LA VENDEMMIA
La vendemmia era l'evento più importante
della vita contadina in quanto da essa
dipendeva la buona o cattiva riuscita di tutta
l'annata agraria.
I Coloni dell'Opera Pia concordavano con il
Fattore il giorno in cui poter effettuare la
raccolta delle uve che dovevano essere
consegnate alla cantina; egli infatti
predisponeva un preciso calendario per
stabilire i giorni di vendemmia di ciascuno.
L'uva veniva raccolta nei caratteristici
bigonci detti “gôci”, costruiti in legno ben
stagionato e robusti manici, con almeno tre
cerchi in ferro che legavano le piccole doghe
rendendo i recipienti impermeabili e sicuri.
Questi, già pesanti da vuoti, erano portati a
spalla su o giù per i filari e le fasce o per
sentieri ripidi e stretti.
Era un divertimento dei bambini riempire fino
all'orlo i recipienti e spremere ben bene i
grappoli per vederne uscire il succo, e poi
ridere delle imprecazioni di chi doveva issarli
sulle spalle.
La pigiatura veniva affidata ai ragazzi che
schiacciavano i grappoli con i piedi nudi,
sopra una griglia (grèe) posta sull'imboccatura
di una botte aperta, un lavoro divertente, ma anche faticoso specie se fatto per un
giorno intero o anche per più giorni dalla mattina alla sera.
Il Fattore si occupava inoltre di tutto il procedimento di vinificazione nei giorni
successivi alla vendemmia: lo svinamento, quando il “mosto” in fermentazione aveva
raggiunto la necessaria gradazione zuccherina, ed il travaso del vino novello,
dapprima in botti pulite e chiuse, poi in damigiane per l'invecchiamento.
In ultimo, la torchiatura dei “raspi”- ossia il residuo dei grappoli dopo la prima
spremitura - che, con l'aggiunta di acqua, formava “la vinetta”, un infuso leggero al
gusto del vino che veniva portato in campagna nei fiaschi e bevuto in famiglia.
I raspi che erano rimasti nella parte superiore della botte - più acidi perché ossidati
dall'aria - erano ancora lavorati per fare l'aceto, utile per la conservazione dei cibi.
Foto sopra: bambini impegnati nella pigiatura delle uve.
Foto sotto: il caratteristico “gôcio” di Noceto Felice
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