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I GELSI A SPOTORNO


            L'allevamento dei bachi da seta fu praticato anche a Spotorno da molte famiglie fino a
            tutta la prima metà del Novecento, questa attività si svolgeva in un tempo piuttosto
            limitato e consentiva di  integrare il reddito delle campagne.
            Essa consisteva prima di tutto nella coltivazione dei gelsi, che dovevano nutrire le
            larve dei bachi e che erano piantati lungo le sponde dei fiumi, ai margini dei poderi, o
            nei pressi delle case coloniche per non sottrarre terreno alle coltivazioni.


























            Il procedimento per la coltivazione dei bachi da seta era piuttosto lungo: le famiglie
            prenotavano i semi già a dicembre, previo il pagamento di £. 2 per oncia. Nei primi
            giorni di aprile si procedeva così al ritiro delle uova prenotate che erano custodite in
            involucri di carta grezza, una bustina di semi conteneva circa 40.000-60.000 uova, per
            un peso di 28,3495 grammi, pari ad un’oncia.

            Ricorda Maria Teresa Rossi:
            “...  le uova contenenti i bachi chiusi, chiamati “cucchetti” venivano portati in appositi
            contenitori e trattati con delicatezza, venivano stesi sopra a dei cartoni e ricoverati in
            appositi locali in cui si sarebbe allestito tutto il ciclo di allevamento. Il locale doveva essere
            arieggiato e non subire bruschi cambiamenti di temperatura.

            In molti casi veniva utilizzato un angolo della cucina o della camera da letto e, se occorreva,
            sulla porta di queste stanze era sistemata una coperta di lana per riparare dagli spifferi.
            All’inizio di maggio iniziavano a schiudersi le microscopiche uova nerastre,  di mano in
            mano che crescevano si allargavano su altri contenitori; dopo due settimane cominciavano a
            mangiare le foglie di gelso, tagliate finemente e trasferite sui graticci o stuoie di legno.

            Data la crescita rapidissima e la voracità dell’insetto, con il passare dei giorni occorrevano
            sempre più foglie di gelso; esse erano fornite ai bruchi due volte al giorno,  mattino e sera,
            senza più essere tagliate finemente, avendo però cura che  fossero perfettamente asciutte...”

            Foto: Pian dei Gelsi nei  primi anni del novecento ora Piazza Rizzo.

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