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“E Gianna dov’è?”, madama cercava un’alleata per affrontare la si-
tuazione.
“È in grotta”, fece un cliente.
“Giannaaa, ma sei ammattita! Entrare in quel porcile! Totò, falla
uscire subito che si prende i pidocchi!”.
“È andata a fare la pipì, si scompisciava…”, il solito cliente in-
terloquiva.
“Stia zitto sporcaccione! Sarà lei che si scompiscia… scoreg-
gione!”.
“Gina, Gina, dobbiamo parlare di cose serie…”, Totò cercava di rab-
bonirla temendo il peggio. Quando si arrabbiava era una furia. Avrebbe po-
tuto prenderli tutti a colpi di scopa. Lui ne sapeva qualcosa.
“Allora tremo!”. Madama Gina si preoccupava sempre più.
“Attenzione! Attenzione! Vediamo… chi fa il dottor Pautasso?”, il
Duca entrava in scena da par suo.
“Lo faccio io”, fece un signore che stava sulla porta. Era un amico
di Archiloco che lavorava all’Unità. Gli aveva procurato un lavoretto da
giornalista.
“Non ha la cravatta… gliene darò una delle mie… e l’auto ce l’ha?”.
“No, ho la vespa…”.
“Sì! Porta a casa le tòte ferite in vespa… le presterò la mia cin-
quecento…”.
“Il dottor Pautasso in cinquecento? Cos’è un medico della mu-
tua?”, un cliente rideva.
“Ma come! Zuccherino in queste condizioni e vuoi preparate
una delle vostre insulse commedie da strada? Da ubriaconi? C’è tutto il
quartiere che pensa che questa bottega sia un ricovero per gli scemi. Che
vergogna! E dire che voi frequentate l’Università! Cosa vi insegnano?”.
“Ma che insulse commedie… madama Gina… esageroma nen…
stiamo organizzando il rientro di Zuccherino a casa degli zii per non in-
sospettirli…”, il Duca l’aveva presa sottobraccio per spiegarle l’inghippo.
Zuccherino e Gianna ridevano divertite. Fuori dalla porta si era
formato un crocchio di curiosi.
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