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“Allora, ricapitoliamo: lei fa il dottor Pautasso con la mia cravatta
e la mia cinquecento. Mancano una borsa da dottore e un camice
bianco…”.
“C’è la borsa dei miei ferri, la uso quando vado a fare la barba a
domicilio ai malati. Per il camice non c’è problema: c’è il mio” e Totò si
sfilò il camice.
“Con quel camice unto e bisunto… altro che medico della mu-
tua! Sembrerà un veterinario…”, il solito cliente rideva.
Vennero applicati alcuni cerotti a Gianna che, secondo la versione
ufficiale, era stata coinvolta nella caduta. Poi, uscirono tutti dalla bottega
e si diressero verso la cinquecento del Duca, quasi come se fossero in pro-
cessione. Il Duca in testa seguito da Gianna e Zuccherino sorretta da Ar-
chiloco. Poi il dottor Pautasso col camice, la cravatta e la borsa. Al seguito
clienti e curiosi.
Non appena le inferme ed il dottore si furono sistemati nella cin-
quecento, il Duca prese la parola: “Solo un breve ringraziamento cari
amici per la vostra partecipazione. Se tutto andrà bene vi inviterò ad una
cena al ristorante Tre galline a Porta Palazzo. Offro io!”, a questo punto
scattarono gli applausi.
“Perché alle Tre galline? È meglio da Pollastrini, noi dell’Unità ogni
tanto andiamo lì, si trova vicino alla nostra redazione. Si mangia bene”,
il “dottore” nella cinquecento suggeriva un altro ristorante.
“Ma quale Pollastrini! Io propongo gallinacce e lei vuole pollastri?
Cupio!”, il Duca dominava la scena tra gli applausi e le risate.
Alcuni passanti osservavano quello spettacolo convinti di trovarsi di
fronte a qualche momento di teatro all’aperto. Tra di loro, c’era un professore
della Facoltà di lettere, di sicura fede granata e comunista. Conosceva bene il
Duca e Archiloco. Il Duca lo vide: “Professore venga… venga…”.
“Che state facendo?”, il professore era curioso.
“Un’allegoria. Le ragazze ferite rappresentano la Juve dopo un
derby. Un medico capitalista tenta di salvarle ma il popolo torinista vuol
fare giustizia. Noi siamo il popolo: “Avanti o popolo alla riscossa bandiera
rossa! Viva il Toro!”.
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