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Il Duca lo prendeva in giro per quella che riteneva una fissazione:
“Guadagni quello che vuoi, donne a mazzi e stai lì a frignare... per il
grande romanzo c’è sempre tempo... basta che non ti metti a scrivere
le tue solite angosciate, quando non scrivi di sport...”.

       “Angosciate?”.
       “Sì, quelle menate sulla nostalgia... i sogni non realizzati... il
primo amore... e lagne simili...”.
       “Semmai malinconia... non nostalgia. Malinconia per quel che
poteva essere e non è stato... malinconia di quando era ancora tutto o
quasi possibile...”.
       “Ecco, vedi, basta lanciarti l’amo che abbocchi subito... sei come
tua zia Pallina che ci portava al cinema e poi non la finiva con i com-
menti, le impressioni. Qual era quel film con un giovane De Sica di cui
parlava sempre?”.
       “Era Gli uomini, che mascalzoni... un bel film di Camerini”.
       “Un film della preistoria...”.
       “Del 1932, girato quasi tutto in esterno, a Milano, sui laghi...
un film moderno...”.
       “Parlavi sempre di quell’attrice con i capelli tagliati alla ma-
schietta di cui tua zia aveva una vecchia foto”.
       “Era Lia Franca... una ragazza, stupenda... dolce... con degli oc-
chi... il mio tipo”.
       “Ragazza? Il tuo tipo? E chi te lo dice che era dolce? Magari era
un puttanone. Se fosse ancora viva avrebbe cent’anni... ti sei invaghito
del personaggio di un film... inesistente. Follia giovanile che si è tra-
sformata in demenza senile”.
       “Vedi è proprio questo... è la ragazza che avrei voluto incontrare,
abbracciare... cosa impossibile se era nata almeno trent’anni prima di
noi... e poi era solo in un film...”.
       “Assomigliava al nostro primo amore?”.
       “Sì, quando ho visto Zuccherino per la prima volta ho subito
pensato alla dolce Mariuccia del film. Un sogno che si avverava. Una
volta tanto. Poi, ho perso tutte e due... una è confinata in un irrag-

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