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CAPITOLO SESTO
Il Duca ed Archiloco non riuscivano a prendere sonno in quella camera
d’albergo che sembrava uscita da un romanzo dell’ottocento. Mobili scuri.
Quadri a olio con grandi cornici ancora più scure. Grandi tende di velluto.
“L’arredo è per il centenario dell’Unità d’Italia?”, aveva commentato il Duca.
Erano stati in clinica e le condizioni del padre del Duca erano mi-
gliorate. Questo li aveva rasserenati.
“Domani andremo a vedere l’appartamento di Via Lagrange…”,
il Duca dettava il programma.
“Chissà che affitto!”, Archiloco era preoccupato.
“Non c’è problema. Abbiamo mezzi illimitati per casa, libri, man-
giare e bere. Mio padre, anche dal suo letto di ospedale, ha già pensato
a tutto: affitto garantito, conto aperto in libreria e in trattoria per tutti
e due, dice che vale per l’assistenza che gli diamo. Siccome mi conosce,
per il resto sarà più stretto, quindi per il night e il tabarin ci dovremo ar-
rangiare, non parliamo del poker. Potremo contare su zia Pallina?”, il
Duca aveva, come sempre, le idee chiare.
“Certo, basta che non le parliamo di night e tabarin, meglio par-
larle di teatro, cinema, concerti”.
“A proposito, come siete messi tu e la tua bambina innamorata?
Fate o non fate? Lo so che fate ma ci dovremo regolare nell’uso dell’ap-
partamento… non oso pensare di entrare e trovarvi avvinghiati sul
letto. Zuccherino che farebbe? Si butterebbe dalla finestra? L’ultima
volta abbiamo rischiato una crisi di proporzioni bibliche all’ONU, se-
zione donne virtuose”, il Duca rideva.
“Se tu entrassi con discrezione dopo aver bussato non sarebbe
nulla. Invece, se tu facessi il solito casino come quest’estate nella tua casa
al mare… allora non andrebbe bene. L’hai fatta piangere e mi ero in-
cazzato anche io… a volte, sei insopportabile”.
“Insopportabile? Come! Entro senza sapere che voi eravate lì nella
camera dei miei genitori… tu che sguazzavi nel loro preziosissimo ba-
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