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verso un borgo di montagna alla ricerca di un medico sfollato.
Impiegarono molto tempo ad arrivare. Era spuntato il sole.
Entrarono in una casa vicina alla chiesa.
“Il medico non c’è. Posso chiamare il don, se volete, lui è bravo
in queste faccende”, una donna anziana, che stava cucinando
qualcosa al fuoco di un camino, li accolse in modo cordiale. Mise
degli avanzi in una ciotola ed un gatto, orbo da un occhio, arrivò di
gran carriera: “Dove sei stato gat bòrgno? Non devi andare in giro:
con la fame che c’è, vai a finire in pentola”.
Arrivò un sacerdote che lo fece distendere su un tavolo: “Una
brutta rottura… io faccio quello che posso, ma ci vorrà un medico
che faccia un’ingessatura”.
“E’ un prete che non ha mai negato una benedizione ai nostri
caduti, ci dà una mano, è di poche parole, come piace a me”, il
comandante osservava l’operazione di fasciatura della caviglia.
La donna anziana versava del pancotto dentro a delle scodelle:
“Forza che è bello caldo…”.
“Hanno trovano due dei vostri, bruciati, come tizzoni. Li hanno
portati in chiesa…”, il sacerdote si era rivolto al comandante.
“Penseremo alla sepoltura; poi risaliremo a riprendere le nostre
posizioni. Tu te ne starai qui con questa brava gente. Ti passeranno
a prendere insieme agli altri feriti, così ti faranno il gesso.
Coraggio: ormai è quasi finita. Ricorda: se ti troverai sbandato vai
in città alle Ferriere FIAT. Sei stato in gamba fieul”. Il comandante
gli sorrideva.
“In gamba? Ho solo battuto a macchina… fatto la guardia… in
gamba sono stati loro”, il ragazzo guardava i suoi compagni che
stavano mangiando il pancotto. Due erano stati feriti da schegge. Il
sacerdote aveva curato anche loro.
“Sei stato fortunato a non aver dovuto sparare… ti
auguro di poterlo essere anche per il futuro. It saluto mè car fieul,
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