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bon-a fortun-a e fà atension al frèid… e ricorda: ‘La mia patria è il
        mondo intero…’ ”.
          “Seneca…”, il ragazzo ricordava letture scolastiche.
          “Era un anarchico?”.
          “Grande comandante, ti voglio bene”. Il ragazzo dagli occhi
        vivaci rimase in silenzio, a pensare. Aveva il magone. Lasciò gli
        scarponi al partigiano con il quale aveva legato di più. Era un
        siciliano, di Siracusa, salito in montagna, dopo l’otto settembre,
        insieme   con   un   gruppo   di   soldati   che   aveva   rafforzato   il
        distaccamento. Erano tutti esperti nell’uso delle armi.
          “Tienili tu, tanto a me con questa caviglia non servono…”.
          “Grazie! Mi ricorderanno di te. Non ho neppure fatto in tempo a
        insegnarti   a   maneggiare   questo”,   gli   fece   indicando   un   fucile
        mitragliatore Bren.
          Gli aveva lasciato anche la macchina da scrivere e le giberne con
        la raccomandazione di restituire tutto al comando per il futuro
        furiere. “Stai tranquillo! Consegnerò a chi di dovere. Io non so
        quasi scrivere neppure a mano. Valentino, mangia il pancotto che
        si fredda”.
          Non l’aveva più rivisto. Anni dopo, aveva saputo che, dopo la
        guerra, era emigrato in Belgio a lavorare in miniera.
          Fu così che fece il partigiano senza sparare un solo colpo di
        fucile. Aveva avuto in dotazione un moschetto, che si portava
        dietro come un bastone, la macchina da scrivere e delle giberne,
        che fungevano da archivio, dove teneva anche i nastri di ricambio
        della macchina, matite, carta  copiativa, fogli, timbri. Scriveva,
        scriveva:   relazioni   al   comando   di   brigata,   ordini   del   giorno,
        disposizioni, verbali. Ma anche appunti che gli sarebbero serviti,
        dopo la Liberazione, a scrivere un romanzo di successo che lo
        avrebbe fatto conoscere, ancora così giovane, al grande pubblico.
          La   ragazza   con   le   fossette   gli   aveva   dato   una   mano   per   la
        pubblicazione. Aveva convinto il padre a perorare la causa presso
        un editore suo amico. Nel romanzo, che aveva dedicato “ad una



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