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catturarlo avevano impiegato persino degli autoblindo. Non c’era
        più un posto nella città dove non fossero state commesse delle
        atrocità,   delle   violenze.   Pensava   a   quando   sarebbe   arrivato   il
        momento della resa dei conti. L’odio contro la Repubblica Sociale
        saliva di giorno in giorno. E lui quell’odio se lo sentiva tutto
        dentro. Voleva fare qualcosa.
          “Tanto, a te non serve! In giro a fare il gagà ci puoi andare anche
        a piedi. Dove va il signorino con quegli scarponi? A sciare?”, gli
        aveva detto, sganasciandosi, un bravaccio agghindato con basco,
        mimetica e pistola nel cinturone.
          “Sì, vado in montagna, alla faccia degli stronzi come te”, aveva
        pensato   guardandosi   attorno.   Stette   zitto   perché   non   voleva
        provocare delle reazioni, dei controlli.
          Sui muri dei palazzi, c’erano affissi molti manifesti raffiguranti il
        viso sorridente di un soldato tedesco con la scritta: “La Germania è
        vostra amica!”. Su alcuni, era stato scritto: “A morte Mussolini”.
        Un ragazzino, vestito in qualche modo da bersagliere, copriva le
        scritte con della vernice nera.
          Proseguì a piedi. Passò accanto alla Chiesa della Consolata, che
        era stata colpita da una bomba, l’anno prima. I suoi genitori si
        erano sposati proprio lì. Tra le macerie, c’era un cartello: “Chiesa
        bombardata dai liberatori”. Lì vicino, lo zio gli aveva lasciato,
        nella   bottega   di   un   ciabattino,   dove   c’era   la   staffetta   che   lo
        aspettava, uno zaino pieno di medicinali e di indumenti pesanti.
          Poi, grazie alla staffetta, una ragazza imbacuccata in un cappotto
        elegante, che si sapeva muovere bene in quella desolazione, aveva
        raggiunto il distaccamento.
          “Bene! Le medicine servono sempre. Abbiamo chiesto un furiere
        al comando e meno male che hanno mandato te, che sei uno
        studente.   Quello   che   avevamo   ha   fatto   una   brutta   fine…”,   il
        comandante lo fissava.
          “E’ stato ucciso?”.
          “Sì, ma non dai repubblichini e neanche dai tedeschi…”.



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