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stessa ora, guardavano una stella in cielo lanciandosi il bacio della
buona notte.
In galleria, gli aveva dato, sempre con la raccomandazione di non
farlo leggere agli amici, un breve scritto intitolato Il buio: “Se
guardi lontano una stella, tu ti accorgi di esistere, perché tu la vedi.
Se senti suonare sullo scoglio lo spruzzo dell’onda, tu sei sicuro di
esistere, perché l’hai sentito. Ma se tu chiudi gli occhi e non senti
più nulla, nel buio tu pensi alla vita, come a un mistero dell’anima.
Forse ‘vita’ è soltanto parola del tutto; forse vivere non è altro che
un sogno; forse tu sei un nulla, del nulla infinito che ti circonda”.
Glielo aveva letto alla luce di una candela. Lui era sdraiato su un
materasso. Lei gli aveva posato il capo sul petto.
L’anno precedente, mentre lei si stava recando a casa della zia,
aveva sentito delle urla che provenivano da una strada vicina al
liceo-ginnasio. Pioveva a dirotto e si riparava sotto ad un grande
ombrello nero. Il ragazzo dagli occhi vivaci stava litigando con due
compagni di classe: “Restituitele l’ombrello! Brutti stronzi! Ve la
prendete con chi non si può difendere! Vergogna!”, intanto
stringeva il braccio di una ragazza minuta.
“Questa ragazzina è un’ebrea che si permette di criticare il Duce!
Ecco come te lo restituisco l’ombrello! Vallo a prendere!”, uno dei
due compagni di classe spezzò in due l’ombrello schiacciandolo
con un piede. Poi, lo scaraventò in mezzo alla strada.
“Vigliacco! Sei un vigliacco!”, il ragazzo con gli occhi vivaci
fremeva di sdegno.
“Eccone un altro! Gratta, gratta, esce fuori l’antifascista… stai
accorto: da adesso sei sul libro nero, anche se tuo zio si fa vedere
in giro con il federale…”.
“Lascia stare, sono dei vendicativi… te la faranno pagare…”, la
ragazzina gli aveva preso le mani.
“La faremo pagare anche a te: cosa ci fai ancora in
circolazione?”. I due compagni di classe si erano allontanati
dirigendosi verso la stazione di Porta Nuova. La ragazza dalle
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