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“Ho rivisto il giardino, il giardinetto contiguo, le palme del viale,
        la   cancellata   rozza   dalla   quale   mi   protese   la   mano   ed   il
        confetto…”, il ragazzo dagli  occhi vivaci  recitava una poesia:
        “Oltre le sbarre il tuo giardino intatto fra gli eucalipti liguri si
        spazia… Vieni! T’accoglierà l’anima sazia…”.
          “Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto; ti bacerò; rifiorirà nell’atto,
        sulla bocca l’ultima tua grazia…”.
          “Ah, te la ricordi?”.
          “Come non potrei ricordarmela con quel noioso di professore che
        ci   faceva   studiare   tutto   a   memoria…   aveva   la   mania   di
        Gozzano…”.
          “Mania? E’ un grande poeta…”.
          “Non ti ci facevo come estimatore di Gozzano. Magari che so…
        di Leopardi, ma di Gozzano…”.
          “Tu la fai troppo semplice: io sono uno che pendola e non so mai
        da che parte mi fermo”.
          “Pendoli? Anche con me?”.
          “Con te sono fisso, come un paracarro”.
          “Vieni, mio bel paracarro, di là c’è una bella cioccolata calda”,
        gli aveva aperto il cancello: “Allora, ti sei sistemato dall’amica
        dello zio?”, rideva.
          “Guarda cosa mi tocca fare per amore! E poi dici che non ti
        voglio bene… alloggiato nell’alcova di mio zio… condannato a
        sentire i gorgheggi della sua amichetta: mi chiamano Mimiii!!!”,
        così aveva commentato il ragazzo abbracciando quella ragazza
        dalle fossette meravigliose.

          Passarono   giorni   a   gironzolare   tra   scogli,   spiagge,   pinete
        spelacchiate dove la gente faceva legna. Serviva par fare il sale,
        scaldando l’acqua di mare in grandi latte. Uno stuolo di ragazzini
        andava e veniva portando fascetti di legna. Altri portavano l’acqua
        in grandi secchi, tirandola su dal mare da un molo dove avevano
        attrezzato un piccolo bigo.



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