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A volte, andavano per orti a scroccare qualche albicocca.
Il paese era quasi sempre deserto. C’erano stati dei
bombardamenti e la popolazione aveva trovato rifugio in grotte,
rifugi improvvisati, nelle gallerie del treno.
“Questa notte la passiamo nella galleria, quella di ponente. Verrà
anche mia zia: mi raccomando non fare come l’altra volta…
t’immagini se si fosse svegliata?”.
“Eh, per due bacetti…”.
“Due bacetti? Ma se m’infilavi le mani dappertutto!”.
“Ti stringevo per infonderti coraggio, per non farti prendere dal
panico dei bombardamenti…”.
“Ma bombardamenti non ce ne sono stati…”.
“Che c’entra… la paura c’è in ogni modo, anzi c’è l’angoscia
dell’attesa…”.
“E tu per scacciare l’angoscia cerchi di infilarmi le mani nelle
mutandine?”.
“Certo! E’ un passaggio fondamentale… è una terapia… non ti
piace?”.
“Mi piace e mi fa passare la paura dei bombardamenti… mi resta
però quella che mia zia potrebbe accorgersene… allora addio
paesino di mare: mi rispedirebbe a Torino con il primo treno”.
“E’ così bacchettona?”.
“Sente la responsabilità nei confronti dei miei genitori che sono
molto severi. Mia madre poi… è un miracolo che mi abbia
consentito di venire qua per le vacanze, fuori del suo controllo…”.
“I tuoi sono molto ricchi vero?”.
“Sì, ricchi e all’antica…”.
“Saranno anche loro ingaglioffiti con il fascismo…”.
“Come quasi tutti del resto… non mi hai detto che tuo zio ha
fatto carriera in ospedale perchè è immanicato con il federale?”.
“Sì. E mio padre, suo fratello, che era un chirurgo più bravo di
lui, se n'è dovuto andare da quell’ospedale perché non ha mai
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