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abbassato   la   testa.   Mi   ha   lasciato   dei   giornali   con   articoli   di
        Gobetti,   di   Gramsci   che   odiava   gli   indifferenti.   Diceva   che
        bisognava essere partigiani, aveva ragione…”.
          “Tuo padre è morto che era molto giovane…”.
          “Sì, era ancora giovane. L’ultima volta che gli ho parlato, in
        ospedale, mi ha detto che il regime non gli consentiva neppure di
        gioire per la vittoria dell’Italia ai campionati mondiali di calcio.
        Era un appassionato, gran tifoso del Toro. ‘A Parigi i fuoriusciti
        hanno   fischiato   i   nostri   giocatori,   mentre   facevano   il   saluto
        romano’, mi ha sussurrato ansimando: ‘Hanno fatto bene ma che
        tristezza! E adesso è uscito anche il manifesto della razza. Che
        vergogna! Il razzismo è una bestia orrenda. Ricorda le parole di tuo
        padre…’. Io non le dimenticherò quelle parole. Glielo ho giurato,
        guardandolo in silenzio”.
          “Di che malattia è morto?”, la ragazza gli aveva stretto le mani.
          “E’ stato colpito da una malattia rara che non gli ha lasciato
        scampo. Arrivata appena in tempo per risparmiargli gli orrori della
        guerra. Io sono finito sotto la tutela di uno zio che mi ripete
        continuamente che mio padre era una brava persona, ma una testa
        calda   che   si   è   bruciato   una   brillante   carriera   per   le   sue
        intemperanze contro il regime. E mia madre che continua a dirmi
        di rispettare il mio unico zio che si sta occupando di me; che sa
        come   ci   si   deve   muovere   in   questi   tempi   così   drammatici.
        Occuparsi di me… figurati: dopo la morte di mio padre, mi ha fatto
        subito trasferire nel liceo-ginnasio dei ricchi dove ho incontrato
        te…”.
          “E non ne sei contento?”.
          “Di aver incontrato te sì, ti ho notato subito con quelle fossette…
        con quei riccioli biondi… tutta profumata… sempre a puntino… la
        prima della classe che, però, lascia copiare…”.
          “Profumata?”.
          “Sì, inebriante!”, il ragazzo l’aveva abbracciata baciandole una
        guancia.



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