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Dopo la sistemazione nella villetta, ci fu la cena, contrassegnata
prima dalla discussione sui motivi della scelta del ragazzo di
iscriversi a lettere anziché a medicina e poi sulle sue
“frequentazioni torinesi”, con gente nota alla questura.
Per stemperare il clima, lo zio si mise al pianoforte. Iniziò con la
canzone “Tornerai”, che cantarono tutti insieme. Poi, passò
all’operetta, cavallo di battaglia della sua amica che cantava molto
bene.
Fecero tardi. Lo zio si scusò ed andò a letto. Era stanco.
“Vuoi bene a tuo zio?”, gli fece all’improvviso la cantante.
“Sì, anche se non lo so inquadrare bene…”.
“Tuo zio ha aiutato mio marito, quando era al confino. Ha mosso
tutte le sue conoscenze…”.
“E suo marito lo sapeva?”.
“No, è così orgoglioso. Ha accettato la nostra relazione, ma non
avrebbe sopportato che qualcuno avesse intercesso per lui con il
regime. E’ un uomo con la schiena diritta. Si è rovinato la vita con
le sue idee…”.
“Anche mio padre era così… io ne sono fiero”.
“Fai bene… uomini come loro sono da ammirare, ma quanto
dolore… quante ansie per le loro famiglie…”.
“Come ha conosciuto mio zio?”.
“E’ stato durante la rappresentazione di Turandot al Regio. Io
interpretavo la parte di Liù. E’ venuto in camerino con un mazzo di
rose…”.
“Allora, Puccini è stato galeotto…”.
“Sì, è un autore che adoriamo…”.
“Mio zio ha sempre avuto la passione per la lirica…”.
“Sì, è anche molto conosciuto nel nostro ambiente… come uno
che s’intende di musica e come medico. Ti devo anche dire che ha
aiutato un violinista ebreo, l’ho saputo da un collega, lui non me ne
ha mai parlato…”.“Anche a me non dice molto… a volte lo critico
aspramente, ma lui è sempre nel vago…”.
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