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fossette, pronta ad intervenire in difesa dell’amico, aveva tirato un
sospiro di sollievo pensando: “Meno male che se ne stanno
andando, il mio amico è coraggioso, ma, al loro confronto, è un
peso leggero”.
“Eccoti un ombrello, ti accompagniamo a casa”, il ragazzo dagli
occhi vivaci aveva dato alla ragazzina l’ombrello della ragazza
dalle fossette, che cercava di proteggere dalla pioggia con il
cappotto.
Se ne stavano tutti e due stretti, stretti, sotto il grande cappotto
che era un ricordo del papà del ragazzo.
“Allora, andiamo? Se ritardo, mia madre si preoccupa”, fece la
ragazzina.
“Stai attenta a chi parli, quando vai in giro… per gli ebrei non è
aria…”, il ragazzo la osservava con tenerezza.
Ma io non sono ebrea… ho solo detto che gli ebrei sono persone
come le altre… quei due stavano commentando un manifesto…
parlavano del Duce…”.
“Ah, ah, ah, quei due sono cretini oltre che stronzi! Miscela
pericolosa!”.
Quel giorno, sotto il cappotto, la ragazza dalle fossette capì che
quel ragazzo dagli occhi vivaci se lo sarebbe portato per sempre
nel cuore. Era passato dallo sdegno, che avrebbe potuto portarlo a
fare a pugni, ad una risata liberatoria. Lo osservava pensando:
“Non c’è un altro ragazzo così!”. Le batteva il cuore.
Una domenica di sole, si trovarono, con comuni amici, a sentire
la fanfara degli alpini che suonava in Piazza Castello. Facendo
finta di niente, si avviarono verso Via Roma. I portici, pieni di
sacchi antischegge, avevano un aspetto sinistro. Ma, quel giorno,
contava solo il loro essere insieme. In Piazza San Carlo, dei portici
erano crollati durante un bombardamento. Macerie ovunque.
Entrarono nella chiesa, quella con il campanile, e si baciarono
dietro una porta socchiusa.
Erano come sospesi: il tempo si era fermato, in quella chiesa, tra
macerie e sacchi antischegge.
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