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Capitolo Secondo
L’uomo senza età era su un treno per Torino, stava andando ai
funerali di un partigiano, che era stato il comandante del suo
distaccamento. Sapeva che, dopo la Liberazione, era rientrato in
fabbrica dove era rimasto a lavorare sino alla pensione, lottando
sempre. Chissà se aveva una moglie, dei figli.
“I migliori se ne stanno andando uno dopo l’altro e noi restiamo
qui a balbettare…”, pensava con un grande peso sul cuore.
Sentiva i commenti di alcuni viaggiatori che parlavano della mala
politica che stava soffocando il Paese. Discorsi per lo più
qualunquisti, tipici del “bel Paese”. La mala politica però, in
effetti, c’era, dappertutto. Si era diffusa la convinzione che, dopo il
repulisti della Magistratura, le cose sarebbero andate meglio. Lui,
invece, aveva la netta sensazione che il peggio dovesse ancora
arrivare. C’erano le retrovie pronte ad occupare il posto delle
prime linee cadute in disgrazia. “Di male in peggio…”, pensava.
C’erano state le speranze del sessantotto. Poi, dopo le stragi
impunite, il terrorismo, i servizi deviati, il brigatismo, che avevano
ricacciato indietro una stagione di riforme, erano arrivati i ladroni e
i post-ladroni. Ci aveva scritto un libro, suscitando polemiche.
Si mise a sfogliare un settimanale: il regista Tornatore aveva
vinto l’Oscar con il film “Nuovo Cinema paradiso”. Un film che
gli era piaciuto. C’era la storia vista da una sala cinematografica,
c’erano una bella colonna sonora, dei bravi attori. C’era un primo
amore che non finiva mai e lui, in fondo, era un romantico, quando
il pendolo vagava da quelle parti.
Pensava al suo comandante.
Aveva trascorso con lui, in montagna, solo pochi mesi che gli
avevano, però, lasciato un ricordo profondo. Lo aveva conosciuto
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