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LOCALIA' SIAGGIA
Il terreno di Siaggia o Ziaglia, fu
comprato dai Siccardi con l' acquisto
Marchesi Serra e condotto in passato
dai F.lli Luigi e Antonio Ferrando, già
coloni dei Marchesi, cui seguirono
altri. Situato in bella posizione, che dal
piano arrivava fino alla collinetta di
Gruppin, era attraversato dal rio
Siaggia, da cui prendeva il nome, e
nella parte inferiore anche da un
piccolo rigagnolo, il rio Zunchetto.
A fine Ottocento il reddito prevalente di questo appezzamento era dato dal bosco,
valutato nella stima Marchesi Serra in £. 180, a fronte di £. 12 di vino e £. 34 di
seminativo e frutta. Questo fondo fu gravemente danneggiato dalla caduta di ben 6
bombe nell'agosto del 1944, era condotto all'epoca dalla famiglia di Calcagno
Antonio e Peluffo Teresa, che ivi rimasero fino a metà degli anni '50.
Alla costituzione dell'Ente Calcagno Antonio dichiarò una produzione annua di 40
barili di vino da 40 litri, a fronte di n. 852 piante di viti, oltre a una buona quantità di
frutta, specie albicocche e pere.
Le splendide acque dei due ruscelli: Siaggia e Zunchetto, che confluivano nel rio
Foce, scomparvero negli anni '60 perché convogliate in un cunicolo interrato - tuttora
esistente - che scorre a lato del campo sportivo, sotto la linea ferroviaria, e,
nell'ultimo tratto, sotto il condominio “Le Rondini” per sfociare in mare a livello
quasi sotterraneo.
In passato il rio Siaggia era molto conosciuto e frequentato dalle donne del Paese che
si recavano presso questo ruscello a lavare i panni, questo per la particolarità della sua
acqua limpida e calcarea, che assomigliava alla “lescìa” .*
L'area del Siaggia fu parte di un'asta pubblica suddivisa in tre lotti relativi ad
altrettante zone boschive, la cui vendita fruttò all'Ente la somma di € 34.000.000,
approvata con deliberazione n. 135 del 2003.
Foto sopra: la famiglia Baglietto Pietro detto Peo, Rosa
Liberto, Bolla e moglie, la bimba Mara Toblino Rossello
nelle terre del Siaggia nel 1936.
Foto a lato: Rossello Carmen Cerutti intenta a lavare i
panni sulle ciappe del rio Siaggia.
* la “lescia” , utilizzata dalle donne in passato
per lavare la biancheria era un procedimento
piuttosto lungo mediante il quale il bucato era
sistemato con cura dentro tinelli di bronzo,
cosparsi di cenere e colmi di acqua che veniva
scaldata sul fuoco a legna. L'acqua che di mano
in mano fuoriusciva dal tinello veniva versata
nuovamente sulla biancheria; l'operazione
continuava fino alla fuoriuscita di acqua
bollente, a questo punto il lavoro era terminato
e il bucato era bianco e profumato.
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