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ragazzo dagli occhi vivaci e dei suoi amici che urlavano: “Moglie
        del federale! Duce trombone! Re sciaboletta!”. I bambini urlavano,
        divertendosi   un   mondo,   i   nomi   storpiati   dei   loro   maestri
        particolarmente severi. Che risate!
          “Questa notte dormiamo in galleria, ho fatto portare i materassi e
        le   coperte.   Salite   su   che   mangiamo   un   boccone.   Hanno   già
        preparato il minestrone e la peperonata. Io ho portato la barbera”,
        la zia era arrivata. Era contenta; sembrava a suo agio in quella vita
        zingaresca.
          “Peperonata? E’ il mio piatto preferito! Ma, allora, qui siamo
        come al ristorante? E chi è che ha detto che in Riviera si muore di
        fame?”, il ragazzo aveva gli occhi ancora più vivaci.
          Cenarono ascoltando musica: “Mille lire al mese, Pippo non lo
        sa, Ma l’amore  no, Silenzioso slow, Parlami  d’amore  Mariù”.
        Ascoltavano, ma nessuno cantava: erano tutti intenti a mangiare
        con   grande   gusto   quel   che   passava   il   convento.   Cola
        sbocconcellava al “volo” perchè doveva armeggiare continuamente
        con la manovella del grammofono e con le puntine.
          Chiacchierarono un po’ e poi si sdraiarono sui materassi, posti ai
        lati   dei   binari,   restando   vestiti.   Cola   si   addormentò   di   colpo.
        Faceva ancora un po’ di chiaro. All’improvviso, si sentì un urlo,
        mentre stava passando un treno. La ragazza dalle fossette vide la
        zia, tra il chiaro e lo scuro, che urlava e si sfilava la sottoveste.
        Cola si era mosso nel sonno ed aveva messo un piede sulla rotaia
        proprio mentre stava passando il treno. Sangue dappertutto. La zia
        gli tamponava la ferita con la sottoveste e gridava:”Presto! Andate
        a cercare un’automobile, bisogna portarlo all’ospedale!”.
          La ragazza dalle fossette avrebbe avuto per sempre davanti agli
        occhi l’immagine della zia in mutande e reggiseno, con la ciccia e
        le vene varicose che le spuntavano da tutte le parti, mentre faceva
        coraggio a Cola e gli fasciava la ferita fissando la sottoveste con
        una   cinghia.   Chi   l’avrebbe   mai   detto:   quella   zia   sempre
        pienad’acciacchi,   d’ansie,   che   si   dimostrava   così   coraggiosa   e
        determinata. Le avrebbe sempre voluto bene.



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