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“Come stai?”, gli aveva preso le mani.
“E come vuoi che stia… abbiamo perso le elezioni… hanno
sparato a Togliatti. Se non era per il suo senso di responsabilità
verso il Paese, non so come sarebbe andata a finire. L’unica cosa
positiva è che andrò nel nostro angolo di Riviera a trascorrervi
alcuni giorni di ferie”.
“Io ho votato per tuo zio… è stato qui ieri…”.
“L’avrai anche solidamente sostenuto… adesso fa il
sottosegretario… penso prevalentemente per voi industriali…”.
“Volevo ben dire… che non spuntassero fuori gli industriali
affamatori del popolo… non sono del popolo gli elettori che hanno
scelto chi li deve governare?”.
“Risparmiami le battute e dimmi perché hai costituito una società
con quel pescecane. L’ho letto sul giornale. Ha fatto i soldi con la
guerra… persino mio zio dice che è uno da prendere con le
molle…”, il ragazzo con gli occhi vivaci, che non era più un
ragazzo, aveva un tono amaro. Non aveva resistito a farle quella
domanda, che gli ronzava in testa da tempo.
“Era già socio di mio padre in un’azienda. Che dovevo fare? Con
mio padre che stava sempre peggio? Lasciare andare tutto in
malora? E i miei operai, tu che li difendi tanto, che fine avrebbero
fatto? Chiedi a loro se si può fare il socialismo con la pancia vuota!
Abbiamo appena aperto un nuovo stabilimento”.
“Era proprio necessario che t’ingaglioffissi con quel bel
soggetto? Non c’era altra possibilità? E poi non siete solo soci in
affari… ma come fai? Con quel rudere spelacchiato... ma quanti
anni ha?”.
“Devo rendere conto a te? Anche dei pettegolezzi? Dopo la
laurea, hai piantato tutto e te ne sei andato per i fatti tuoi. Tua
madre mi ha detto che non l’hai quasi neanche salutata. Temevi
che ti chiedessi di darmi una mano? Lo so che ti hanno sempre
fatto schifo i miei soldi… il mio ambiente… che io sono
indesiderata nel tuo futuro paradiso socialista. Intanto, mentre tu
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