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costruisci l’eden, almeno a parole, io mi arrabatto con le mie
aziende facendo lavorare della gente, che ha delle bocche da
sfamare, e tu mi fai la morale. Questo da te non me lo sarei
aspettato! Ritorna in te… e poi, sei diventato anche geloso?”.
“Scusa, scusa… sono proprio uno stronzo, quando mi ci metto…
è che le cose non vanno mai come vorrei… sono sempre da
un’altra parte. Un po’ per scelta, un po’ perché non lo so neppure
io. Sarà la legge del pendolo... scusa, devo scappare, altrimenti
perdo il treno…”. L’aveva abbracciata forte.
“Posso raggiungerti al mare? La nostra amica ha riaperto
l’albergo…”.
“Certamente! Porta dei dischi di musica americana… e poi,
ricorda: io sono geloso…”. Era la domanda che sperava di sentirsi
fare.
In un treno che correva verso Genova, quell’uomo, che non era
più un ragazzo, aveva la sensazione di aver perso
irrimediabilmente qualcosa che non sarebbe più tornato, anche se
presto si sarebbero rivisti al mare.
Quella ragazzina con le fossette, che gli infilava i bigliettini nella
tasca del cappotto, che faceva le “commissioni” per la Resistenza,
ora era una donna che si era messa a fare l’industriale sul serio. Eh,
la vita. Pensare che da ragazzi fantasticavano sul loro futuro,
insieme. Avevano anche individuato un appartamento, all’ultimo
piano di un palazzo di Via Garibaldi, rimasto vuoto, dopo la
scomparsa del nonno del ragazzo. Poi, era stato colpito da una
bomba. Crollato, ridotto in macerie, come i loro sogni.
Lei, in giardino, si stava accendendo una sigaretta e pensava: “E’
colto, intelligente, fantastico… a volte, così romantico; a volte,
così accecato dalla sua ideologia. In lui sembrano agire, in modo
alternato, due persone distinte. Eppure, quanto mi manca. E’ una
parte della mia vita che viene e che va, come il mare”.
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